Contributi

A Scicli il mistero pasquale era incentrato sul tema dell’incontro della Vergine Maria con Cristo Risorto. Ne è testimonianza il gruppo statuario cinquecentesco (le due statue sono separate ma poste in un unico fercolo) della Chiesa della Consolazione con Cristo posto accanto alla Vergine, la quale riceve dal Figlio l’annuncio della Resurrezione. Tra le due statue non si celebrava nessun incontro, come nelle altre città suole accadere fino ad oggi. Questo perché a Scicli la Domenica di Pasqua si portava (e si continua a portare) in processione il Venerabile Sacramento dell’Eucarestia, la cui istituzione risale al 1688, da Santa Maria La Piazza arrivava a Santa Maria La Nova, scendeva alla Consolazione dove si dava la benedizione solenne e poi rientrava nella chiesa parrocchiale.
Con la nascita delle Collegiate negli anni ’40 del ‘600, in cui le celebrazioni si fanno più sfarzose e complesse. Il Santissimo Sacramento da Santa Maria La Piazza a Santa Maria La Nova, dopo la benedizione non fa più rientro nella chiesa parrocchiale. A Santa Maria La Nova si assisterà alla sacra rappresentazione della Resurrezione, venivano portate in processione la statua del Cristo Risorto e della Madonna della Pietà “di marmo”, fino a Santa Maria La Piazza. Qui rimanevano fino al martedì dopo la Pasqua, quando si festeggiava Santa Maria Odigitria (da cui il nome “marti ì l’Itria”) quando venivano riportati in chiesa.
Nel corso degli anni le statue sono cambiate , da quella in marmo si passò a quella alla Pietà “di argento”, cioè Nostra Signora,  statua detta anche della “Madonna della stella” o di “Pasqua” realizzata nel 1669, di cui ci resta solo il “Bambino” e lo scettro che impugnava.
La situazione cambia quando la statua secentesca del Cristo Risorto viene sostituita da quella attuale, opera del catanese Francesco Pastore nel 1796 (prima erroneamente attribuita al Civiletti), ancora oggi portata in trionfale processione nella sua festa. Venuta a mancare la Chiesa di Santa Maria La Piazza, per la sua demolizione, la statua del Cristo Risorto entra nella Chiesa del Carmine (succedanea di Santa Maria La Piazza), dopo la pausa pomeridiana è riportato la sera stessa della domenica a Santa Maria La Nova.
“Gioia! Uomu Vivu! Tri jta r’oru!”
Un tempo la festa iniziava il Sabato Santo a mezzogiorno, con la funzione della “Resuscita”, cui partecipavano i magistrati municipali e tutto il clero, avveniva “a caruta ra tilata”, sulla base delle testimonianze raccolte pare che la telata venisse innalzata fino a tutti gli anni ’30 del ‘900. In paese, infatti, solo alcuni anziani hanno memoria di averla vista. Una telata che era segno di lutto per la morte di Gesù Cristo ma, nello stesso tempo, sipario che non lasciava vedere la statua del Cristo Risorto che vi stava dietro, fino al momento della Resurrezione, allorquando cadendo dall’alto, lo lasciava apparire in tutto il suo trionfante splendore.
Ai nostri giorni, dopo la riforma liturgica del 1955, la cerimonia sacra della Resurrezione avviene di sera, resa viva dalla partecipazione della folla. Alla “Veglia delle tenebre” si sostituisce la “Veglia della Luce”. Il rito inizia con la benedizione del fuoco e del cero pasquale sul sagrato della chiesa. Continua in chiesa con il canto del “Lumen Christi” e del “Exsultet”. Una cerimonia lunga seguita con trepidazione! A mezzanotte, alla fine della Veglia, si assiste al trionfo di Cristo Risorto. Il bellissimo simulacro posto dietro l’altare maggiore su un marchingegno, lentamente, viene fatto alzare come se uscisse dal sepolcro. Le luci absidali, prima spente, vengono improvvisamente accese e ciò rende la scena veramente suggestiva. Il canto del “Gloria” è sopraffatto dalle grida gioiose di “Gioia! Gioia! Gioia!” (epiteto attribuito insieme a “Uomu Vivu” e “Tri jta r’oru”) dei fedeli e dei portatori, impazienti di porsi sotto la “vara” (fercolo). Terminata la funzione la statua del Cristo Risorto, caricata sulle spalle dei portatori, prima di essere esposta davanti alla navata, viene sollevata, fatta girare prima lentamente, poi vorticosamente in ogni direzione di modo che tutti possano ammirarla. Più sono i giri, più forti sono le grida in segno di gioia, più esulta la gente più esultano i portatori, che ad ogni giro si sentono sempre più forti.
Dal 2015, la cerimonia per motivi di ordine pubblico, viene fatta all’esterno sul sagrato di Santa Maria La Nova. Il portale viene coperto da una grande telata che, allo scattare della mezzanotte, cade improvvisamente facendo emergere la statua del Cristo Risorto posta sul fercolo.
La domenica mattina, dopo la Messa solenne,esce il Venerabile Sacramento dell’Eucarestia portato in solenne processione esposto dalle mani del sacerdote, che incede al centro del baldacchino, sorretto da confrati, vestiti con gli abiti dell’Arciconfraternita. Procedono due lunghe ali di fedeli che, che intonano inni e canti di adorazione e di lode a Cristo. Ad aprire la processione è “u stunnardu”, il grande gonfalone dell’Arciconfraternita, portato a mano e disteso in tutta bellezza sull’asta. In altri tempi facevano a gara per mostrare chi fosse più abile a tenerlo disteso, a riprova di forza e di destrezza. Il portatore procede a passi lenti e misurati con il corpo piegato ad arco e le braccia protese, per sorreggere l’asta del pesantissimo stendardo, che oscilla al vento, quasi a mettere a dura prova le forze del portatore: maggiore è il vento più è la fatica.
A mezzogiorno, rientrato il Santissimo Sacramento, si esce a spalle la statua del “Uomu Vivu”, emblema della Pasqua e della festa per antonomasia, posta sopra la  “vara”, la cui base un tempo era adornata di “jaloffra” (garofani) tessuti in modo da far risaltare immagini simboliche della liturgia pasquale. Una marea di folla con immensa e sentita partecipazione, proveniente dalle borgate e dalle città vicine e lontane, mista a turisti curiosi ed increduli, si ammassa davanti alla chiesa e lungo tutta la strada che ivi conduce per assistere “a nisciuta ro Gioia, ro Tri Jita R’oru, ri l’Uomu Vivu”. Dopo aver percorso avanti e indietro via Nazionale fino a Piazza Italia ed aver “visitato” i luoghi del centro storico senza percorso fisso, la statua viene riportata a volte di corsa a volte lentamente in piazza Busacca per gli ultimi vorticosi giri di gioia. Poi viene entrata nella chiesa del Carmine, dove riprendono i giri fino a quando i portatori non si stancano.
Il pomeriggio “U Gioia” è portato di nuovo in processione, ma non a spalle come avveniva in altri tempi, bensì su un carro sospinto a mano da adolescenti: i futuri portatori. L’innovazione all’inizio, negli anni Sessanta, fu accolta con tiepidezza, resa necessaria dall’uso e abuso dei portatori che, presi dalla frenesia della “gioia”, recavano la statua anche in luoghi proibiti e non accessibili con rischio di danneggiarla. Veniva fatta sostare davanti alle sedi dei partiti e delle associazioni dei lavoratori. “U Gioia”,infatti, è venerato anche da chi non è professante.
Più erano i divieti, più numerose diventavano le trasgressioni. Per questo il vescovo, vietò di condurlo a spalle di pomeriggio con grande dispiacere del popolo. Allora per le vie cittadine sembrò che si portasse in processione il “fantasma del Gioia” in silenzio, senza la calorosa partecipazione del popolo. Oggi la gente, dopo la tiepidezza dei primi anni, ha ripreso a seguire di pomeriggio la statua, che viene condotta nei vari quartieri, ciascuno dei quali desidera offrire a Gesù Risorto un “personale” tributo di affetto e di fede: “a maschiata” (giochi pirotecnici).
La sera la statua viene portata di nuovo a spalle in notturna. Riprendono i “giri di gioia” intorno piazza Busacca, riprende la “danza gioiosa” della statua. Si ripete l’euforia del mattino, la notte diventa giorno. Piazza Busacca si riempie di folla curiosa e festante. La statua, sorretta da una forza invisibile, sembra scivolare tra la marea di gente, che accalcata diventa un tutt’uno con il simulacro e con i portatori. Chi assiste sente nel cuore una pienezza di vita, che non si può esprimere a parole. In tarda notte la statua si accinge a raggiungere la di Santa Maria La Nova, dove i portatori dopo diversi giri attorno al sagrato della chiesa, entra finalmente in chiesa verso le due del lunedì mattino. La chiesa stracolma di fedeli e curiosi aspettano che la statua entri a fare gli ultimi giri fino a quando ormai i portatori, sfiniti e stanchi, depongono la statua su dei cavalletti tra gli applausi scroscianti di tutti i presenti “salutano” il Gioia.
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Vincenzo Padua